Faccio parte della generazione anni ’90 e devo essere onesta con me stessa, ma in primis con voi: la musica degli anni ’50-’60 era tutta un’altra cosa.

Come potersi dimenticare, ad esempio, Sapore di sale di Gino Paoli? Una canzone del genere non passa mai di moda, non lascia malinconia in chi la ascolta ma fa rivivere i momenti vissuti, anche in un passato recente, e ti lascia un sorrisetto stupido stampato sul viso.

Accarezzare i pensieri di ognuno di noi non è da tutti e loro, i cantanti italiani vecchia generazione, ci riuscivano con nulla.

La musica è finita? Le melodie moderne

Oggi, coloro che fanno parte del panorama musicale italiano, devono fare i conti con troppe cose: l’aspettativa prima di tutto, le mode che cambiano come le stagioni, i 4/4 (ormai se provi anche solo a nominare i 5/4 si fomentano solo gli adulti), il provare a rimanere in classifica almeno due settimane con relativo passaggio in radio, anzi, nelle radio nazionali, il ritornello orecchiabile e facile da ricordare… e troppe ancora potrei scriverne.

Beh, l’essere MUSICA sta indubbiamente evolvendo ma se in positivo o in negativo questo dipende molto dai punti di vista. I cantautori rimangono ancorati alla musica del ‘passato prossimo’. I loro miti, i loro ispiratori, i loro guru sono sempre gli stessi quasi per tutti: Francesco De Gregori, Fabrizio De André, Lucio Dalla, Ivano Fossati, Rino Gaetano.

Ma non è questo che mi fa dire che “la musica è cambiata”. È quello che circonda questo mondo che sta portando coloro che vivono di questa arte a doversi adeguare al tempo e al nuovo modo di fare (e di essere).

Care yellow girls vorrei che vi metteste la nostra canzone preferita degli anni d’oro della musica italiana (’50-’60-’70) e ragionaste con me: esiste oggi qualcuno paragonabile a colui/colei che state ascoltando e magari canticchiando? Quanto c’è di reale in loro e quanto ne vedete nei cantanti di nuova generazione?

Chiariamo il concetto, la mia non è una critica, è solo un cercare di mettere nero su bianco un pensiero che hanno quasi tutti ma che poi nessuno tira fuori. Non vi è mai capitato di conoscere il vostro idolo per caso e rendervi conto di quanta finzione è in grado di tirare fuori perché ha paura di far vedere realmente la persona che è? Non si sa mai dovesse iniziare a girare la voce che l’hai visto emozionarsi ed è un attimo che persa di credibilità con tutti i follower e i fan vecchio stampo!

Ecco, negli anni ’50 questo accadeva così di rado che una delle cose che possono portarmi a paragonare quegli anni con i nostri è il suicidio di Luigi Tenco nel 1958.

Questione di… talent!

Un’altra cosa da tenere in considerazione sono i talent. Prima non c’erano, gli artisti venivano fuori da un bouquet variegato e valevano talmente tanto da non essere mai semplici meteore, nel bene e nel male. Nell’era moderna, la vittoria di un talent show conta così tanto che, anche se non sei un vero talento, il team che ti segue ci mette un attimo a fartici diventare.

Perché andare in televisione deve essere un trampolino di lancio? Chi l’ha deciso? Questo modo di fare non aiuta per niente, anzi. Peggiora le cose. Ci sono tantissime persone in giro che hanno abbandonato il loro sogno e si sono messi a fare altro proprio perché sono stati scartati dal talent di turno.

Poi, ogni tanto, c’è ancora qualcuno che ci crede fermamente e questo mi fa ricredere nell’aver pensato anche sono per qualche istante che possa esistere la robotizzazione dei cantanti moderni. Comunque, al di là di tutto, quello che sto scrivendo è per farvi capire che l’evoluzione musicare c’è, esiste: alcuni la vivono portando avanti la teoria che “social è meglio”; altri, invece, continuano a pensare “vecchio stile”: scrivono, cancellano, riscrivono, mettono in musica, registrano e vanno in giro ad autoprodursi prima di trovare il manager di turno che gli programma anche quando mangiare e cosa.

E allora sapete che c’è? Che auguro il meglio ai grandi talenti che sono sparsi in giro.
Sereni ragazzi, emergerete tutti e saranno solo cose belle.

Buon tutto a tutti.